vincenzo bellini

La storia di Vincenzo Bellini

Chi era Vincenzo Bellini

Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini nacque a Catania il 3 novembre 1801 da Rosario e da Agata Ferlito e fu il primo di sei fratelli. Manifestò fin da piccolo una grande predisposizione alla musica ed è all’opera lirica che dedicò la sua breve esistenza. Vincenzo Bellini, nella sua formazione si mosse a partire dai modelli della tradizione napoletana dell’opera, ma nelle sue composizioni riuscì a mettere insieme la formazione classica e quella romantica, dando una forte rilevanza al canto sia dal punto di vista vocale che strumentale.
Gli venne attribuito il soprannome di Cigno per il suo essere biondo, alto e slanciato: il suo aspetto elegante, unito alle sue capacità come musicista, da un lato lo resero parte integrante delle occasioni di festa dell’alta società, dall’altro agevolarono le sue relazioni amorose. Nella sua vita emergono in particolare gli amori con Maddalena Fumaroli e con Giuditta Cantù. La storia con la Fumaroli è stata per un certo periodo ostacolata dal padre di lei, un giudice napoletano poco convinto dalla carriera del giovane all’epoca ancora non decollata: quando il Cigno fece il suo esordio alla Scala, l’uomo cambiò idea sull’unione tra i due ma nel frattempo l’aveva cambiata Bellini, con grande dispiacere della Fumaroli. Il secondo amore più noto del Bellini fu Giuditta Cantù, moglie dell’imprenditore Ferdinando Turina.

La storia di Vincenzo Bellini

Monumento a Vincenzo Bellini
Le doti musicali di Bellini erano già così chiare fin da subito che gli fu assegnata dall’amministrazione di Catania una borsa di studio che gli permise di frequentare il Real Collegio di Musica di S. Sebastiano a Napoli: a 18 anni ha luogo quindi il primo di tanti spostamenti che hanno allontanato il giovane dalla città natale.
Nel suo primo periodo a Napoli fu allievo del maestro Giovanni Furno e conobbe il calabrese Francesco Florimo, con cui stabilì una solida amicizia e che dopo la sua morte divenne il suo biografo.
Successivamente passò alla scuola di contrappunto con Giacomo Tritto e nel 1823 a quella di composizione con Nicola Antonio Zingarelli, colui che lo avvicinò allo studio dei classici in maniera sistematica. Lo studio con Zingarelli si rivelò decisivo e permise a Bellini di conciliare l’apprendimento delle regole con l’espressione libera della propria creatività.
Nel 1825 concluse gli studi al conservatorio con l’esecuzione dell’opera in tre atti “Adelson e Salvini” che fu scritta su libretto di Andrea Leone Tottola. L’anno seguente ottenne il primo successo con l’opera dal titolo “Bianca e Gernando” messa in scena al Teatro San Carlo di Napoli e scritta stavolta su libretto dell’allora sconosciuto Domenico Gilardoni. Il titolo sarebbe stato “Bianca e Fernardo”, ma la censura costrinse ad apportare quella modifica per non nominare il nome del principe ereditario Ferdinando di Borbone: venne poi allestita con questo titolo al Teatro Carlo Felice di Genova.
Questa opera si caratterizza per l’attenzione posta sull’intensità espressiva anche a discapito della melodia: Bellini iniziò a impiegare il declamato arioso come sua cifra stilistica, a rendere ben netta la separazione tra recitativo e aria.
Nel 1827 seguì un ulteriore spostamento altrettanto importante, a Milano: qui al Teatro alla Scala mise in scena “Il pirata”, il cui libretto fu scritto dal genovese Felice Romani. L’opera ottenne così tanto successo che venne replicata nel 1828 a Vienna.
L’ottimo riscontro ricevuto confermò la collaborazione di Bellini con la Scala, dove l’anno successivo fu messa in scena “La straniera”: ormai lo stile del Cigno catanese iniziava a essere piuttosto noto e apprezzato.
L’imminente inaugurazione del Teatro Ducale di Parma si rivelò un’occasione, dato che venne chiamato dalla duchessa Maria Luigia in seguito a degli accordi che non erano andati a buon fine con Rossini: “Zaira” del 1829 ebbe un riscontro particolarmente freddo e non venne mai più eseguita.
L’11 marzo 1830 al Teatro La Fenice di Venezia venne rappresentata per la prima volta “I Capuleti e i Montecchi”, che costituisce una novità tra i melodrammi: si segnalavano infatti l’uso dei mezzi espressivi e degli influssi da altre melodie. Bellini a quel punto della sua carriera iniziava a essere riconosciuto come un’alternativa a Gioacchino Rossini dotata di una propria personalità.
Nel 1831 andarono in scena “La sonnambula” al Teatro Carcano di Milano e al Teatro la Scala il suo capolavoro, “Norma”, che però inizialmente non ricevette un particolare favore del pubblico e della critica. Nella “Norma” Bellini decise di puntare sull’essenzialità e di evitare di chiudere con un finale pieno di cori e di comparse: riprese un elemento della tradizione, in questo caso quella dell’opera vivaldiana, e finì il primo atto semplicemente con un terzetto. Nel 1833 rappresentò “Beatrice di Tenda” al Teatro La Fenice di Venezia e nello stesso anno da Milano si trasferì a Londra e in seguito a Parigi: quest’ultimo spostamento segna un ulteriore momento di crescita artistica di Bellini, che lì entrò in contatto con musicisti importanti come tra gli altri Chopin.
Al Théâtre italien di Parigi nel 1835 mise in scena “I puritani”: riscosse un grandissimo successo e gli venne attribuita la Legion d’Onore, che in Francia rappresenta la massima onorificenza. Era in procinto di scrivere una composizione in francese per il Teatro dell’Opéra di Parigi, ma una malattia intestinale, che aveva già presentato delle avvisaglie anni prima, il 23 settembre 1835 a soli 33 anni lo portò alla morte. Nonostante la chiara cronicità del disturbo gastrointestinale che aveva colpito Bellini, dopo la sua morte in alcuni ambienti si iniziò a pensare che fosse stato avvelenato. Le questioni amorose e le frequentazioni del compositore ritornano anche in queste congetture, dal momento che fu ipotizzato che gli assassini potessero essere una sua amante, la contessa Samoyloff, o i coniugi Levys, presso cui era ospite. Il re di Francia e Rossini vollero che l’autopsia mettesse la parola “fine” a queste voci e così in effetti è stato.

Dove si trova la tomba di Vincenzo Bellini

Busto Vincenzo Bellini
Busto Vincenzo Bellini, alla villa di Catania

Data la considerazione che in Francia si aveva di Bellini, che si era trovato in quegli anni all’apice della sua carriera, inizialmente non si pensò di riportare il suo corpo nella terra natia e fu sepolto nel cimitero Père Lachaise: lì vi rimase per oltre quaranta anni, la sua tomba si trovava vicino a quelle di Chopin e di Cherubini. Solo nel 1876 la salma fu trasferita nel Duomo di Catania, dove tutt’oggi è possibile vedere la tomba realizzata dallo scultore Giovanni Battista Tassara e che si trova in corrispondenza del secondo pilastro della navata destra. Sulla lapide si può leggere un’iscrizione che cita l’incipit dell’aria de “La sonnambula”: “Ah! non credea mirarti / Sì presto estinto, o fiore”.
<<< Scopri l’attore Catanese Angelo Musco >>>

Pubblicato

in

da

Tag:

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *