Luigi Pirandello

Luigi Pirandello: La Storia dello scrittore

Pirandello è uno degli autori del Novecento italiano più conosciuti in Italia e nel mondo, la sua storia è caratterizzata da molti successi letterari, ma anche da una vita privata costellata di avvenimenti tragici. Ecco la storia dello scrittore Luigi Pirandello.

Le origini di Luigi Pirandello

 Pirandello nacque ad Agrigento il 28 giugno 1867 da una famiglia piuttosto benestante, il padre era Stefano Pirandello e la madre Caterina Ricci Gramitto. In realtà l’autore nacque in una località della città chiamata Causu, che in italiano significa pantalone, ma all’anagrafe sembrò poco opportuno che si scrivesse che una persona era nata in una località con un simile nome e quindi trasformarono il luogo di nascita in Caos, ed è in realtà lo stesso Pirandello a dire più volte “sono figlio del Caos”. La famiglia di Pirandello derivava le sue fortune dall’estrazione e dal commercio di zolfo. Si trattava di una famiglia piuttosto impegnata anche dal punto di vista politico, infatti il padre aveva partecipato alle imprese garibaldine e nel tempo questa origine e formazione politica portò Pirandello ad assumere decisioni politiche importanti.
Pirandello ha trascorso un’infanzia piuttosto serena e nell’agiatezza anche se fin da ragazzo pare abbia sofferto di insonnia e lui stesso dichiarò di avere delle difficoltà di comunicazione soprattutto con il padre. Proprio ciò lo indusse a studiare il genere umano per migliorare la capacità di espressione e comprensione, successivamente fu la malattia della moglie a portarlo ad approfondire la conoscenza di Freud al fine di capire la fragilità e la debolezza del genere umano che può sfociare nella fragilità.
Fin dalla giovane età si mostrò piuttosto intransigente, infatti si avvicinò alla fede cristiana in età molto giovane e iniziò ad avere anche credenze superstiziose, ma si allontanò di colpo appena scoprì che un prete aveva truccato un’estrazione a sorte il cui premio era una semplice immagine sacra.

Gli studi di Pirandello

gli studi di Luigi Pirandello

Arrivando da una famiglia agiata l’istruzione elementare fu impartita da maestri privati, si iscrisse successivamente a un istituto tecnico e in seguito al ginnasio dove maturò la sua passione per la letteratura. Sembra che la prima opera intitolata “Barbaro” sia stata scritta all’età di 11 anni, ma della stessa purtroppo non vi sono tracce. Nel 1886 si iscrisse all’università a Palermo, proseguì con gli studi in Filologia a Roma e in seguito venne mandato dal padre a Bonn per continuare gli studi in Filologia Romanza. In realtà pare che tale trasferimento fu dovuto a insanabili contrasti con il rettore dell’università romana. Si laureò a Bonn nel 1891 con una tesi di laurea sui dialetti della provincia di Agrigento. Il periodo a Bonn fu caratterizzato anche dall’amore, infatti iniziò una storia con Jenny Schulz-Lander a cui dedicò anche i versi di alcuni suoi componimenti, come Pasqua di Gea. Sarà lo stesso autore in seguito a rivelare che 40 anni dopo, in un soggiorno a New York, aveva incontrato nuovamente Jenny diventata scrittrice. La stessa, saputo della sua presenza a New York, mandò un bigliettino nell’albergo dove alloggiava chiedendo di incontrarlo. A un anno dalla laurea si trasferì a Roma, grazie anche al sostegno economico del padre, qui riuscì ad approfondire le sue conoscenze e iniziare a muovere i primi passi nel mondo della letteratura grazie ai contatti con Luigi Capuana.

Il matrimonio e le prime sventure del giovane Pirandello

Nel 1894 sposa Maria Antonietta Portulano, si tratta in realtà di un matrimonio combinato dal padre, infatti lei era la figlia di un socio del padre piuttosto benestante e grazie alla dote della donna i due poterono vivere a Roma in modo agiato. Nonostante questo inizio non certo romantico, i due in realtà si innamorarono davvero e diedero vita a 3 figli: Stefano, Rosalia Caterina e Fausto Calogero. La sorte cambia agli inizi del Novecento con un allagamento presso la miniera di zolfo del padre e quindi il crollo finanziario dovuto anche al fatto che il padre di Luigi Pirandello aveva investito la dote della nuora nella miniera. Questo avvenimento oltre a portare ristrettezze economiche alla famiglia, portò anche al crollo psichico della moglie di Pirandello. La stessa manifestava una gelosia ossessiva e paranoica che la portava a veri e propri deliri, per la donna chiunque si avvicinasse al marito aveva con lui una relazione. La gelosia era talmente forte che si manifestava anche nei confronti della figlia che fu costretta a lasciare l’ambiente familiare dopo essere arrivata a tentare anche il suicidio. Successivamente arrivò la chiamata alla guerra per il figlio Stefano e questo non poteva non aggravare una situazione che era già compromessa. L’autore cercò comunque di dare sostegno alla moglie fino al 1919, quando la moglie di Pirandello fu ricoverata in un ospedale psichiatrico, morirà molto successivamente, nel 1959.
Con la crisi finanziaria per Pirandello iniziò la necessità di lavorare, dapprima come insegnante di stilistica presso l’Istituto Superiore di Magistero Femminile, in seguito iniziò a dare lezioni private di tedesco e italiano e nel 1909 iniziò la collaborazione con il Corriere della Sera su cui pubblica le sue Novelle. Ovviamente nel frattempo si era dedicato anche alle sue opere. Il primo successo arrivò con la pubblicazione de “Il Fu Mattia Pascal” che uscì nel 1904 e fu subito tradotto anche in altre lingue. Non ottenne però il successo della critica.

Pirandello e il partito fascista

pirandello

Il vero successo arrivò in realtà tempo dopo, con il teatro, al punto che proprio come drammaturgo nel 1934 ricevette il Nobel per la Letteratura.
La vita di Pirandello si estrinseca un periodo politico molto importante cioè il ventennio fascista. Durante la prima guerra mondiale era tra gli interventisti, nonostante questo non gradì l’arruolamento volontario del figlio Stefano che in seguito fu fatto prigioniero dagli Austriaci, fu ferito e si ammalò durante la prigionia. Per Pirandello questo fu motivo di forti angosce. Successivamente aderì al Partito Fascista Nazionale e fu tra i firmatari del Manifesto degli Intellettuali Fascisti insieme a Giovanni Gentile. La sua adesione fu dovuta al fatto che vedeva in Mussolini una speranza per risollevare l’Italia dal disfacimento morale da cui era stata travolta. Nonostante tale adesione, non mancarono scontri con le autorità fasciste, questo anche perché lui cercava fondi per la sua compagnia teatrale senza però ottenere grandi risultati, Mussolini infatti preferì Grazia Deledda e Gabriele D’Annunzio. D’altronde molte opere dell’autore erano considerate antifasciste, fu accusato di disfattismo e messo sotto controllo dell’OVRA, la polizia segreta del ventennio fascista. Un suo scritto fu addirittura censurato da Mussolini, La favola del figlio cambiato, e anche per tali dissidi Pirandello iniziò a viaggiare molto fuori dall’Italia con la sua compagnia teatrale. Nella stessa c’era anche Marta Abba in qualità di prima attrice, con lei inizierà una relazione sentimentale. Nonostante tali dissidi con il partito, nel 1935 donò la medaglia che aveva ricevuto con il Nobel per la Letteratura alla raccolta dell’ “oro per la patria”. Pirandello morì nel 1936, aveva 69 anni, il suo corpo era provato da diversi attacchi cardiaci e mentre si occupava della trasposizione teatrale de Il Fu Mattia Pascal fu colpito da polmonite, dopo 15 giorni di malattia morì. L’autore era ben consapevole dell’imminente fine e non mancò di sottolinearlo neanche al medico che lo aveva in cura. Nel frattempo aveva redatto testamento indicando la volontà di non avere celebrazioni e di essere cremato. Le sue volontà furono rispettate. I resti furono dapprima tumulati nel cimitero del Verano, in una preziosa anfora greca e in seguito, soprattutto per impegno di Andrea Camilleri, fu dato seguito alle sue volontà. In realtà non fu possibile esaudire esattamente l’ultimo desiderio, ovvero cioè che le ceneri fossero sparse nel giardino della casa in cui nacque a Caos, ma comunque le ceneri arrivarono in Sicilia. Anche questo delicato passaggio delle ceneri fu delicato, infatti il giurista Gaspare Ambrosini provò a far trasportare l’anfora con una aereo, ma il pilota rifiutò e allora fu lui stesso a portarlo fino ad Agrigento in treno. Arrivato a Palermo l’urna fu bloccata dal vescovo che rifiutò il corteo funebre perché il defunto era cremato. Allora fu trovato un accordo: fu necessario affittare una bara all’interno della quale fu inserita l’urna con le ceneri e si procedette ad un breve corteo, una cerimonia religiosa e infine l’anfora fu riposta nel Museo Civico di Agrigento. Solo nel 1962 fu costruito un monumento in pietra nel giardino della villa, ma la storia non finì qui, perché le ceneri furono spostate dall’anfora ad un cilindro in rame inserito nel terreno del giardino. Ci si accorse però che nella trasposizione parte delle ceneri erano rimaste attaccate all’anfora e allora romanticamente si procedette a raccogliere e disperderle nel giardino della villa, proprio come avrebbe voluto Pirandello.

Le opere

I capolavori scritti da Pirandello sono numerosi, le sue opere vengono generalmente riportate nelle correnti del Verismo e del Realismo, ma il genio letterario dell’autore è tale da non poter essere inquadrato esattamente in una corrente. Il fulcro di molte opere è la maschera, cioè la differenza tra ciò che si è e ciò che si mostra alla società. Fra le opere di questo filone vi è il più volte citato Il fu Mattia Pascal. Lo stesso narra di un uomo che in un viaggio a Monte Carlo vince una grossa somma, al ritorno a casa scopre che vi è stata un’alluvione, in seguito alla quale lui era stato dichiarato morto. A questo punto, complice la somma vinta, decide di cambiare vita e si trasforma in Adriano Meis. L’obiettivo è sfuggire ai legami sociali e alla opprimente vita con la moglie, a Roma però si innamora della figlia del proprietario di casa ed è ricambiato, ma non può ufficializzare il rapporto perché Adriano Meis non esiste. Non riesce quindi a sfuggire al suo destino opprimente. A questo punto decide di fingersi nuovamente morto e tornare dalla moglie, scopre però che è ormai tardi perché questa ha una nuova famiglia. L’ultimo atto è piangere sulla sua stessa tomba. Il tema della maschera è trattato anche in un altro capolavoro: Sei personaggi in cerca d’autore si tratta di un’opera teatrale magistralmente diretta da Pirandello. I sei personaggi infatti entrano all’interno di una rappresentazione teatrale e cercano qualcuno che possa scrivere e portare in scena la loro storia. Una sorta di storia nella storia.

Uno, Nessuno e Centomila

uno nessuno e centomila

Altrettanto importante è la trama di Uno, Nessuno e Centomila, romanzo che venne dapprima pubblicato a puntate tra il 1925 e il 1926 sulla rivista La Fiera Letteraria, solo in seguito sarà pubblicato anche in forma di romanzo. Tutto il romanzo è incentrato sull’immagine che si ha di sé e quella che in realtà hanno gli altri. Tutto parte dal momento in cui il protagonista, Vitangelo, scopre dalla moglie di avere il naso storto, da qui una riflessione sulla contrapposizione tra ciò che si è e ciò che gli altri pensano. Di lì a poco scopre anche un’altra verità e cioè il padre non era, come lui pensava, un banchiere, ma un usuraio. Da quel momento scopre che per gli altri lui è il figlio dell’usuraio, cosa a lui sconosciuta anche perché lui ha ereditato la banca dal padre e a sua volta è quindi diventato usuraio. Da questo momento inizia una vera e propria rivoluzione perché il personaggio inizia a compiere azioni che per lui hanno un senso, ma agli altri appaiono follie. La prima cosa che fa è donare una casa a due sognatori, clienti del padre e quindi vittime di questa usura. Per lui dovrebbe essere una sorta di riscatto per dimostrare in paese che non è come il padre, ma per gli altri è una pazzia. Il secondo gesto è ritirare i suoi capitali dalla banca per farla fallire, ma anche in questo caso viene ritenuto pazzo, la moglie lo lascia e vogliono farlo dichiarare insano di mente. Una sua amica, Anna Rosa, decide di confidare a Vitangelo che stanno cospirando contro di lui per farlo dichiarare insano di mente, allora Vitangelo spiega al vescovo, coinvolto in tale procedura, che le sue non sono follie ma atti di carità e riesce a convincerlo. Allo stesso tempo si confida con Anna Rosa che però tenta di ucciderlo con una pistola. Durante il processo Vitangelo cerca di aiutare Anna Rosa, dichiarando che si era trattato di un incidente, ma lei nel frattempo confessa il reato. A quel punto il protagonista decide di vivere in un ospizio accettando il fatto che tutto è diverso da come appare agli occhi degli altri. Come se vi fosse una discordanza continua tra sé e l’immagine che gli altri hanno.
Queste sono solo le opere più importanti di Pirandello, ma la sua produzione è davvero rilevante per la mole di produzioni letterarie. Si possono brevemente ricordare Enrico IV, Così è (se vi pare), i Vecchi e i Giovani, Ciascuno a suo modo, L’Umorismo. Al momento della morte stava scrivendo Il Gigante della Montagna, un’opera teatrale il cui terzo atto fu portato a compimento dal figlio Stefano.
<<<<Scopri le curiosità di Cataniablog>>>>

Pubblicato

in

da

Tag:

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *