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Le Leggende sul Terremoto del 1693 a Catania

Le Leggende sul Terremoto del 1693 a Catania

Al terremoto del 1693 a Catania sono legate due leggende: la leggenda di Don Arcaloro e quella del Vescovo Carafa.
La prima delle due leggende narra che nella mattina del 10 Gennaio 1693 una vecchia fattucchiera si presentò al palazzo del barone catanese Don Arcaloro Scamacca, chiedendo a gran voce di essere ricevuta perché doveva riferire qualcosa di estremamente importante, se non vitale. Così, Don Arcaloro, superstizioso per natura, ordinò alla servitù di farla entrare. La vecchia strega confidò al barone di aver sognato S. Agata supplicare Dio di salvare Catania da un imminente cataclisma, un terremoto che avrebbe sconvolto la città. Il Signore, però, rifiutò di concedere la grazia a causa dei peccati dei catanesi, e proseguì riportando queste parole:” Don Arcaloru, Don Arcaloru, /dumani, a vintin’ura, /a Catania s’abballa senza sonu!” (Don Arcaloro, don Arcaloro, domani, alle 14, a Catania si ballerà senza musica!). Il barone capì immediatamente di che ballo la vecchia parlasse e si rifugiò in aperta campagna. Alle 14:00 in punto avvenne il terremoto che la vecchia fattucchiera aveva predetto. Un vecchio quadro settecentesco, riprodotto da Salvatore Lo Presti, rappresenta il barone catanese con l’orologio in mano, in attesa della funesta ora.
La seconda leggenda, che ruota attorno al terremoto di Catania del 1693, è quella che riguarda il Vescovo di Catania Francesco Carafa, a capo della diocesi dal 1687 al 1692. Si narra che grazie alle sue preghiere, il vescovo fosse riuscito a fermare il terremoto per ben due volte. Tuttavia nel 1692 morì e l’anno dopo, venute meno le sue preghiere, Catania fu distrutta.
Nell’iscrizione posta sul suo sepolcro, che si trova nel Duomo di Catania, si legge infatti: “Don Francesco Carafa, già Arcivescovo di Lanciano poi Vescovo di Catania, vigilantissimo, pio, sapiente, umilissimo, padre dei poveri, pastore così amante delle sue pecorelle, che poté allontanare da Catania due sventure da parte dell’Etna, prima del terremoto del 1693. Dopo di che morì. Giace in questo luogo. Fosse vissuto ancora, così non sarebbe caduta Catania!”.


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