Festa del Crocefisso 1

Festa del Crocefisso

La festa del Crocefisso che si celebra a Calatafimi, in provincia di Trapani, è considerata, per ricchezza di manifestazioni e per il diffuso coinvolgimento popolare, una delle feste folcloristico-religiose più interessanti di Sicilia. La festa solenne della santa cruci, un crocefisso in argento donato nel 1776 dal ceto dei mugnai, si svolge da tre secoli ogni cinque anni, mentre annualmente e in tono minore ha luogo la celebrazione religiosa. Si tratta di una festa popolare che non si può fare a meno di vedere almeno una volta nella vita, specialmente se si vuole conoscere a fondo l’animo dei siciliani.

La tradizione della festa del Crocefisso

La tradizione della festa del Crocefisso narra che nel 1657 un vecchio crocifisso di legno, molto antico e tarlato, posto nella sacrestia della chiesetta di Santa Caterina, in determinati giorni dell’anno – e precisamente il 23, 24 e 25 giugno – aveva operato vari miracoli. Così il 19 dicembre del 1657 i giurati di Calatafimi, che allora rappresentavano la massima autorità, chiesero al vescovo il permesso di portare in processione il crocefisso e di dedicargli una chiesa. Da allora, nel giorno di Pasqua la Santa Croce viene condotta in processione della chiesa del Santissimo Crocefisso a quella della Madonna del Giubbino. Il paese di Calatafimi sorse intorno alle roccaforte bizantina di Castum Phimes. Durante la dominazione araba prese il nome di Kalat Al Fimi (cioè “castello di Phimi”), mentre poi sotto i Normanni divenne una delle città appartenenti al regio demanio, quindi di grande importanza strategica.

La festa del Crocefisso

I cittadini, suddivisi nei vari ceti, rendono omaggio alla santa cruci , nei primi tre giorni di maggio, attraverso manifestazioni solenni ed offerte spettacolari. L’annuncio ufficiale dei festeggiamenti viene dato il giorno di Pasqua. Il primo maggio sfilano circa cento bambini, di età compresa tra i sette e gli undici anni, con il tesoro del crocefisso. Si tratta di calice, coppe, pissidi, oggetti di artigianato palermitano e trapanese del Seicento, in oro e in argento, tutti pezzi di inestimabile valore. Per questo la sfilata diventa singolare mostra d’arte itinerante. La vara del Santissimo Crocifisso è un pezzo artistico eseguito da artigiani palermitani in argento massiccio e risale al 1728.

La vara della Madonna del Giubbino sembra risalire invece ai primi dell’Ottocento. Durante il pomeriggio ha luogo il corteo sacro-allegorico, in occasione del quale sfilano per le vie del paese dei carri finalizzati a rappresentare, con figuranti scelti fra le ragazze del luogo, un episodio del Vecchio Testamento. I carri, per la preziosità degli addobbi, sono un esempio di abilità e maestria dell’artigianato locale.

Il secondo giorno sfilano, a passo di marcia, i rappresentanti del ceto della maestranza, ai quali spetta l’onore di aprire la solenne processione (le maestranze erano associazioni di arti e mestieri riconosciute dalle istituzioni dell’isola). Essi avanzano impettiti e seri nella loro divisa costituita da abito e cappello neri, camicia e guanti bianchi, più gilet nero su cui fa bella mostra una catena d’oro, segno di distinzione del ceto di appartenenza.

La divisa

La divisa risale ai tempi in cui in Sicilia venivano affidati alle maestranze i compiti di polizia urbana. Ogni rappresentante sfila con un fucile in spalla e con lo stendardo su cui è ricamata la M maiuscola, ad indicare la speciale devozione del ceto della Madonna e alla Eucaristia. La tradizione secolare di indossare la divisa e di portare il fucile in processione del Santissimo Crocefisso si collega all’episodio in cui il viceré Caracciolo nel 1782 proibì con un editto agli abitanti di Calatafimi di portare armi per uso personale, a seguito di alcune intemperanze da parte della popolazione.

La risposta delle maestranze fu quella di organizzarsi in confraternite religiose che, sotto la protezione del clero, consentirono loro di continuare a portare le armi. Dopo il corteo della maestranza seguono la processione i borgesi, i contadini a cavallo, e gli altri ceti espressione della vita e del lavoro dei paesani, per rendere anche loro omaggio e ringraziare il crocefisso dei buoni raccolti.

Oggi i ceti principali sono quattro: la maestranza, i borgesi, i massari e i cavallari. Categorie minori sono quelle dei mugnai, degli ortolani, dei pecorari, dei borgesi di San Giuseppe, dei macellai e il ceto della sciabica, nome di origine araba che significa “rete”, che riunisce coloro che non rientrano in un ceto specifico. Il ceto della sciabica sfila con uno stendardo in velluto rosso sul quale è dipinta l’immagina di Maria Santissima di Giubbino, recente la scritta “madre e gloria del popolo di Calatafimi”, dall’altra parte dello stendardo vi è dipinta con la scritta “Gesù proteggi il tuo popolo”.

Per stavolta ci fermiamo qui. Se volete scoprire ancora qualcosa sulle feste patronali siciliane, potete leggere i nostri articoli.


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