tolo tolo recensione

Tolo Tolo: trama, trailer e recensione

Tolo Tolo: un film comico?

Toto tolo è l’ultimo film di Checco Zalone, il comico italiano che ci ha abituati a vedere record su record frantumati. Anche quest’ultimo film non ha fatto eccezione: fra chi lo ha adorato e chi lo ha aspramente criticato, praticamente tutti ne hanno parlato. Vi basti sapere che a oggi, a circa una decina di giorni dalla sua uscita, è stato il film più visto durante questa pausa natalizia e gli incassi di Tolo tolo hanno superato i 36 milioni (e sono destinati quindi a crescere). Ma come mai ha attratto tanto interesse? Andiamo a vedere di cosa parla.

Tolo tolo trailer


E’ difficile guardare questo trailer e non lasciarsi scappare almeno un bonario sorriso; vuoi per le situazioni, quotidiane prima ed estremamente paradossali dopo, vuoi per la mimica facciale due protagonisti, estremamente simpatici. Al di là della facile e della politicamente “scorretta” tematica dell’immigrazione, al centro in questo momento della retorica politica, se abbiamo messo il trailer prima della recensione un motivo ci sarà: apritelo, guardatelo e fatevi magari anche due risate. L’hanno fatto milioni d’italiani prima di voi, confrontandosi con questa clip musicale, che di trailer non ha quasi nulla, se non l’annuncio stesso; nessuna scena del film, nessuna battuta rubata in anticipo, nessuno “spoiler”. Insomma, prima dell’uscita nella sale l’unica idea che sarebbe stato possibile farsi su Tolo Tolo era affidata a 2 minuti e 30 secondi di trailer.
Ma, possiamo anticiparvi solo questo, Tolo Tolo (storpiatura dell’espressione “solo solo”) è molto più di questo. Se non lo avete ancora visto e vi siete incuriositi…datagli un occhio. Oppure, continuate a leggere la recensione.
ATTENZIONE: questo articolo contiene informazioni sensibili sulla trama del film. Se non lo avete ancora visto, vi suggeriamo di fermarvi qui (a meno che non vi interessi ricevere spoiler).

Tolo tolo trama

tolo tolo
Nella pellicola il protagonista, omonimo del nostro Zalone nazionale, rifiuta il reddito di cittadinanza per investire (e far investire i suoi familiari) in un sushi restaurant, alla ricerca del suo sogno. Stretto fra le morse della burocrazia e fuori contesto nel suo paesino di Spinazzola, va incontro al pignoramento e sommerso dai debiti fugge in Africa, lasciando ai suoi parenti la “patata bollente” (altro che sushi…) Qui lo vediamo lavorare in un resort, sempre senza abbandonare i suoi sogni di gloria; la sua permanenza viene però travolta dalle guerriglie e la situazione degenera rapidamente. Cerca quindi di rimpatriare, ma è ancora braccato dai creditori… e dai parenti, che potrebbero estinguere i debiti con l’indennizzo destinato alle vittime del terrorismo qualora Checco risultasse morto. Così il nostro protagonista, dopo aver strappato il suo documento d’identità, si imbarca nello stesso viaggio della speranza che affrontano molti migranti, con sorprendenti sviluppi.

Tolo Tolo Recensione

Partiamo da una considerazione base: la durata di Tolo Tolo è 90 minuti e il film vola via abbastanza scorrevole. La critica che gli viene più spesso mossa è che “non faccia abbastanza ridere”: questo perchè penso sia un film più “umoristico” che non “comico” in senso stretto. L’altra critica che gli viene mossa è che “un film che fa ridere non può occuparsi di questi argomenti”; a parte l’inconciliabilità con la critica precedente, trovo che questa affermazione possa essere confutata con estrema facilità: basta pensare a una qualsiasi opera di Aristofane per sapere che risata e riflessione sociale vanno molto d’accordo.
Come detto precedentemente, se ci fossimo affidati soltanto ai 2 minuti e 30 secondi di trailer probabilmente avremmo avuto un’idea diversa del film, la stessa iimpressione che era stata sufficiente a far affermare a Matteo Salvini “lo voglio senatore a vita”.
Chissà se lo pensa ancora.
Eh, già. Perché Tolo Tolo è un moderno cavallo di Troia, sapientemente confezionato da Zalone, il quale ha congegnato una magnifica trappola per far confrontare tutti noi spettatori con qualcosa che non vogliamo vedere, come il fenomeno globale dell’immigrazione per quello che è. E lo ha fatto affidandosi al tallone d’Achille degli italiani, l’inesauribile voglia di ridere senza dover pensare, camuffando un amaro spaccato della società (in)civile odierna da affidabile e sempreverde “cinepanettone comico natalizio”. Come a dire, vado al cinema per vedere Boldi che scivola su una tazza da water fra gli innevati picchi di Cortina e mi ritrovo a osservare un assiepato camion di migranti che soffre per sfuggire alle asfissianti giornate del deserto; già a leggerlo così vi ha smorzato la risata in gola, vero?
tolo tolo checco zalone
Perché Tolo Tolo è quel tipo di film che prima volete vedere e che subito dopo vorreste non aver visto. Ha deluso più di qualcuno, che era stato attratto dalla possibilità di qualche risata a buon mercato; non perché non ci siano risate, ma perché appunto non sono mai a buon mercato. Ognuna di esse ha il suo prezzo, esige un suo tributo, sia esso versato dal vessato italiano alle prese con un’asfissiante burocrazia o dal migrante in fuga dalla sua terra. Non c’è una risata che non richieda il suo shakespeariano “pound of flash”, che non sia costruita, in parte o del tutto, sulla sofferenza di qualcun altro.
Un “sentimento del contrario” di pirandelliana memoria, così come lo sono le vicende di Checco, moderno Mattia Pascal: il rifiuto dell’identità dopo la fuga da una vita deludente e la morte “inscenata” sono accompagnate dal rifiuto dei parenti di riaccogliere Checco alla vita (ma quanto è disturbante la scena del riconoscimento del corpo?). Eppure, e un ulteriore plauso va qui a Zalone, è solo attraverso lo smarrimento della sua identità che Checco approda a una nuova Identità, che è prima di tutto quella di Uomo, di essere vivente in grado di riconoscere la dignità dell’altro.
E poco importa se per il tutto il film aleggia quell’aura “buonista” verso il protagonista, prototipo del clichè degli “italiani brava gente, italiani dal cuore d’oro”, cui nonostante i continui e costanti strafalcioni non possiamo guardare con simpatia. Perchè, per converso, gli altri comprimari sono ritratti con una franchezza non comune per un film comico: piangono, s’ingegnano, mentono, tradiscono, si aiutano. Sono, insomma, indistintamente umani. Lo stesso Zalone, alla prima da regista (e che prima, aggiungerei), ha affermato: “Il protagonista è un italiano qualunque, che non riesce a guardare oltre i suoi piccoli problemi”.
E neanche a digerire questo film, probabilmente.
 


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