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Caro affitti in Sicilia, prezzi alle stelle

Secondo i dati del Censimento Istat del 2021, in Sicilia ci sono 154 comuni su 391 in cui almeno la metà delle abitazioni sono vuote. Tuttavia, il numero assoluto di case vuote nelle grandi città è preoccupante. A Catania, ad esempio, ci sono oltre 39.000 case vuote, pari al 23% del totale, mentre a Messina il numero supera le 35.000 (il 26,3%). In tutta la Sicilia, ci sono 1.157.217 case vuote su un totale di 3.181.260, ovvero oltre il 36% del totale. Questo fenomeno colpisce soprattutto i piccoli comuni dell’entroterra, che vivono spesso una vera e propria emergenza. In particolare, la provincia di Agrigento ha la percentuale più alta di case inutilizzate (48%), seguita da Enna (46,2%) e Caltanissetta (44,6%). Il sindacato degli inquilini Sunia ha lanciato l’allarme, sottolineando che questo fenomeno aggrava ulteriormente una grave emergenza, che sta affliggendo il mercato siciliano: quella del caro affitti.

Infatti, negli ultimi anni i canoni d’affitto sono aumentati in media del 7,8% a Palermo e i numeri degli sfratti sono in netto aumento nonostante la pandemia da Covid. Come riportato dalla segretaria siciliana Giusi Milazzo, nell’ultimo anno «a Palermo i canoni d’affitto sono aumentati in media del 7,8 per cento, con il prezzo medio di un alloggio in affitto di 80 metri quadri che oscilla da 450 euro a 900 euro. A Catania i canoni medi vanno da 400 a 800 euro, mentre per l’acquisto il prezzo medio al metro quadro è di 1290 euro.»

Sunia: “Necessario confronto sul caro affitti”

Una situazione che ha portato Sunia a chiedere con insistenza un colloquio con il governo regionale. «Abbiamo chiesto da mesi sin dal suo insediamento un confronto all’Assessore alle Infrastrutture, ma il tema del disagio abitativo e delle migliaia di famiglie in stato di disagio è poco interessante». Non una situazione di facile risoluzione, comunque: «Vogliamo un piano per sostenere l’aumento dell’offerta abitativa a canoni sostenibili per le famiglie a basso reddito. Chiediamo che da subito si individuino gli immobili pubblici dismessi per realizzare edilizia pubblica che si regolamentino gli affitti turistici e che siano attuate misure, anche inerenti la tassazione locale, per far si che gli alloggi privati non utilizzati siano messi sul mercato dell’affitto. La drammaticità della situazione impone interventi mirati e ed efficaci ed urgenti», conclude la segretaria del Sunia Sicilia Giusi Milazzo.

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Situazione critica anche per gli studenti

Come riportato da Sunia, Cgil e Udu siciliani, la situazione è gravissima anche per tutti gli studenti che devono studiare fuori sede – e pertanto pagare esose rette. «Il caro affitti nelle città universitarie italiane penalizza ancora una volta le famiglie a reddito medio o medio basso del Meridione che non sono in condizioni di sostenere le scelte delle loro figlie e dei loro figli. Il problema è la conseguenza dell’assenza di politiche pubbliche per le città e per l’abitare e della mancanza di programmazione, che mettono a dura prova migliaia di nuclei familiari e gli studenti».

Utilizzare gli immobili pubblici dismessi

«Il problema per gli studenti – affermano- si può risolvere solo con la realizzazione di edilizia residenziale universitaria pubblica, anche attraverso gli Istituti autonomi e gli Enti per il diritto allo studio. Occorre comunque pensare a piani – sottolineano – che contemplino anche la soluzione del problema del disagio abitativo per una più ampia platea. In questo quadro- sostengono Cgil, Sunia e Udu- l’utilizzo di immobili pubblici dismessi messi a disposizione dall’agenzia del demanio potrebbe essere una soluzione utile ed opportuna. La battaglia degli studenti per il diritto allo studio in città accoglienti e solidali dove il diritto a vivere e ad abitare sia un diritto per tutte e tutti – prosegue la nota – è una battaglia che sosteniamo e facciamo nostra. Da tempo chiediamo soluzioni per il caro affitti che assieme all’utilizzo per fini turistici degli immobili, sta contribuendo a espellere migliaia di nuclei familiari dai centri urbani».

Le tre sigle rilevano che «nelle città siciliane il costo pagato dai ragazzi e dalle ragazze fuori sede non si limita al canone ma è ulteriormente aggravato dalla fatiscenza degli immobili, dalla irregolarità dei contratti e dall’inefficienza e dalla vetustà degli impianti elettrici che determinano costi insostenibili per i servizi». Cgil, Sunia, Udu sottolineano dunque la necessità di aprire tavoli di confronto sia a livello nazionale che regionale coinvolgendo gli Atenei, gli Enti per il Diritto allo studio, le rappresentanze degli studenti e dei sindacati. degli inquilini e confederali «per definire piani per il diritto allo studio e alla città per le ragazze e i ragazzi e per un utilizzo ottimale dei fondi del Pnrr che allo stato attuale sembra siano stati dirottati su progetti di Housing sociale realizzati e gestiti dai privati che ridurranno i costi per gli studenti di meno del 10 per cento».


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